POLYPHONIE – la storia

Spesso capita che un libro, un disco o un viaggio diventino scintille, da cui poi nascano vere e proprie storie. Quando avevo iniziato nei ritagli di tempo a tradurre in italiano la biografia ufficiale di Fela Kuti (uscita poi per Arcana nel 2012), mi aveva colpito una frase che recitava: “l’afrobeat è la moderna musica classica africana” e d’improvviso avevo intuito che l’idea che stavo cercando era lì. Avremmo riletto la musica di Fela in chiave colta europea, assumendo il suono e la forma di una vera orchestra classica.

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Al Festival delle Arti Negre di Dakar nel 2010 incontrai il figlio erede di Fela, Seun, il quale accettò entusiasta di partecipare al progetto e fu sempre a Dakar che ascoltai per la prima volta dal vivo la Bembeya Jazz National, l’orchestra che scrisse nel 1969 Regard sur le Passé. Ne rimasi a tal punto impressionato che, parallelamente alla realizzazione del primo disco, iniziai un’altra serie di letture, approfondimenti e ascolti che mi portarono qualche anno più tardi alla realizzazione del secondo lavoro discografico: un’opera epica in tre movimenti a cavallo tra la musica antica dell’Africa dell’Ovest e il barocco europeo, cantata dai due immensi griot Sekouba Bambino e Baba Sissoko. Due produzioni in quattro anni che ci hanno portato su palchi importanti in Italia e all’estero, compresi lo storico festival di Glastonbury (UK) e alcuni teatri d’opera.

Ebbene entrambe queste storie hanno come protagonista un eroe, un condottiero, un leader: Fela Kuti ribelle carismatico e militante, Samory Touré, imperatore amato e temuto, autoritario e sanguinario. Da un po’ di tempo sento però il bisogno di parlare d’altro che non sia più scontro, battaglia e sofferenza. L’insegnamento e l’ispirazione non ci derivano solo dalle guerre o dalle imprese virili. E chissà che l’esempio morale non possa arrivarci anche da altre fonti non necessariamente violente e che il respiro corale non sia davvero più efficace di un grido solitario. Nel momento in cui ci mettiamo più a nudo con uno spettacolo interamente originale, ci prendiamo il tempo di respirare e contemplare. La forte connotazione femminile del nostro ensemble rende percorribili sentieri che necessitano di una sensibilità più elevata, di uno sguardo d’insieme più distaccato e coinvolto allo stesso tempo. POLYPHONIE è un concerto che ha una sua teatralità e una sua storia. E questa storia non parla di guerre ma di natura.

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Il big bang per il concepimento di POLYPHONIE è stata la lettura di un libro che comprai a scatola chiusa un paio d’anni fa: Song from the Forest. L’autore è Louis Sarno, un etnomusicologo del New Jersey che dal 1988 vive dentro la foresta vergine della Repubblica Centrafricana, presso la comunità dei Pigmei Ba-Benjellé. 51imbfxeool-_sx321_bo1204203200_Questo primo suo racconto è un’appassionata ed attenta testimonianza dell’incredibile arte canora millenaria delle popolazioni indigene che della foresta hanno fatto la loro casa. E’ curioso come cercando riparo nella Natura per allontanarmi dalle grida di battaglia degli uomini, nuovamente mi ritrovi di fronte a voci umane. Voci che si confondono con quelle della foresta, che ne fanno parte. Voci armoniose e rispettose che invocano gli spiriti degli alberi e chiedono consigli ai propri antenati. L’uomo, come le quercie, le cascate e i colibrì è parte integrante della natura, spesso ce lo dimentichiamo. Nel canto dei pigmei come nei cori polifonici di matrice europea non ci sono solisti. Non ci sono condottieri né imperatori. Ad ogni modulazione dei vari contrappunti la potente massa sonora compie delle ondulazioni che sembrano liquide. Ondulazioni che seguono il respiro della vegetazione, del terreno e delle stagioni.

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Njamy Sitson 1Njamy Sitson è nato e cresciuto ai bordi dell’impenetrabile foresta vergine del Camerun e porta nella sua arte la sapienza ancestrale dei canti di quelle popolazioni che nella foresta ci vivono da sempre. L’ho conosciuto in occasione di un suo laboratorio sulle polifonie vocali e mi è piaciuta da subito la sua sensibilità delicata e intensa, direi quasi femminile. Parla sussurrando ma sa ridere di gusto, possiede una vocalità cangiante nei registri e nelle sonorità, si trova a proprio agio nella intimità di un trio d’archi e nel mezzo di una fanfara di tamburi e fiati. Da una decina di anni abita in Germania perche ama i filosofi tedeschi e la musica barocca. Alcuni brani di POLYPHONIE gli si sono appiccicati addosso senza che neanche ce ne accorgessimo. Altri sono sbocciati durante il work-in-progress che abbiamo affrontato raccogliendoci a più riprese per alcune sessioni di lavoro intensive.

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Le idee chiave che ci hanno accompagnato durante tutta la fermentazione e la maturazione di questo progetto sono quelle di coralità, rito e natura.

Nel concetto di coralità-collettività risiede indubbiamente anche un messaggio politico non molto distante da quello che Fela Kuti (come già Nkruma, Senghor, Sankara, Lumumba e altri) declinavano in senso pan-africanista. marco dogghy foresta

In POLYPHONIE però l’ensemble si muove di un unico respiro corale piuttosto che seguendo un singolo grido, alla ricerca di una empatia sia fisica che spirituale tra i singoli soggetti e l’ambiente circostante. Vi è nella coralità un forte legame con il senso del sacro e, come le religioni ci insegnano, il sacro ha bisogno di più voci per elevarsi. Ad esempio, il posizionamento dei monaci gregoriani negli scranni dietro l’altare aveva come effetto la suggestione che la musica venisse quasi dal nulla ad avvolgere i credenti radunati in preghiera.
Nelle foreste equatoriali la sensazione di avvolgimento è la stessa quando a cantare sono un gruppo di Pigmei o uno sciame di insetti: senza avere percezione visiva della fonte sonora l’effetto mistico è quello di un suono che pervade dappertutto, del quale non si può riconoscere un’origine fisica e quindi dà ancora di più l’impressione di un suono che scende dal cielo (nel caso del coro cristiano ad esempio) o dal cuore della terra. La connessione panteistica tra uomo e natura diventa evidente negli spazi ancora vergini, dove la società contemporanea antropocentrica e individualista ancora non esercita il suo potere. Purtroppo, questi luoghi stanno scomparendo e sono per lo più ridotti a “riserve”, nelle quali l’ingerenza della società capitalistica è sempre più dannosa per gli autoctoni, siano questi uomini, animali o alberi.

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Ho affinato l’idea del nuovo spettacolo durante due viaggi, in Mozambico e in Belize, nei quali primariamente cercavo di stabilire un contatto con la natura attraverso la musica, al di fuori delle costrizioni e delle frenesie quotidiane. Sulla riva di un lago o all’ombra di alberi centenari ho registrato i canti degli uccelli all’alba e al tramonto, così come vado facendo da tempo nella campagna romagnola dove risiedo. E su alcuni strumenti per me abbastanza inusuali come la ‘mbira o il kamale’ngoni ho composto alcuni dei brani che sono poi confluiti nel repertorio. Nyumba ad esempio è stata composta dentro la chioma di un pioppo tremulo e parla del significato di casa (Nyumba in swahili), Zora Zora racconta di un isola fatta di suoni e di musica, Jouer pour la Terre è un ringraziamento alla generosità incondizionata del nostro pianeta, Neve è un brano nato dal silenzio ovattato di una inedita nevicata nella pineta dell’oasi naturale di Lido di Dante (RA).

totem-polyphonie-ridottiLa Classica Orchestra Afrobeat esplora territori musicali di confine tra la sacralità pagana africana e l’estetica colta europea. Cerchiamo quel suono profondo, rigoglioso eppure così semplice, disarmante. Nelle composizioni risaltano i contrappunti tra i singoli strumenti e le sezioni mentre le voci soliste sono quasi sempre al servizio della collettività e l’impasto sonoro tende a muoversi come un tutt’uno corale. Mokoondi (“lo spirito della foresta”) irrompe sotto forma di una partitura per soli tamburi ispirata e trascritta a partire dal funambolico canto di un passero. Da qui prende il via POLYPHONIE, un rito collettivo di cui il pubblico è parte attiva, grazie anche ad alcune “incursioni” vocali in platea.

Marco Zanotti gennaio 2016